“Peccato” è una parola scomoda. “Non commettere peccato” sembra un limite alla
nostra libertà. Addirittura, perfino nella pubblicità, se ne parla talora come
sinonimo di qualcosa di accattivante.
Tutti si accorgono però del male che c’è nel mondo; e si lamentano. Ma sono
pochi coloro che hanno il coraggio di guardarsi dentro e di assumersi la
responsabilità di alcuni mali, dandone invece sempre la responsabilità agli
altri.
Persino molti cristiani hanno messo nel cassetto questa parola scomoda. Vogliamo
invece riflettere brevemente sul senso profondo di questa realtà, purtroppo
presente anche nella nostra vita.
1) La vera libertà (libertà e verità)
Il primo equivoco da sciogliere è sulla parola libertà. La “modernità”
(dall’Illuminismo in poi) ha esaltato questa parola, dimenticando quell’altra
che vi è invece necessariamente legata: verità. La vera libertà non è infatti
semplicemente “fare quel che voglio”, ma vivere le cose e la vita stessa secondo
verità, cioè secondo il loro autentico significato. Del resto prima o poi
facciamo esperienza che non tutte le cose che scegliamo e non tutti i modi con
cui le possiamo vivere ci realizzano davvero; per cui spesso facciamo poi
esperienza della delusione. Si pone dunque necessariamente la questione di
fondo: ancora più importante del fatto che le scelte siano “mie” è decisivo per
la vita che le mie scelte siano “vere”. Per questo la domanda più urgente e
intelligente non è “cosa mi piace fare”, ma “qual è il senso vero delle cose?”.
Appunto: la questione della verità1.
2) Non caos, ma Logos (natura umana e legge morale)
L’equivoco sulla libertà nasce dal sospetto che la verità non esista, o comunque
che non si possa conoscere o si possa “inventare” a piacimento (che è lo
stesso).
Il primo punto della fede, cui corrisponde però anche una lettura intelligente
della realtà, è che tutto è dato ed esiste con un perché, con un senso. Il
“dato” è anche il principio di ogni scienza. Come infatti non riconoscere che
tutto, dalla cosa più piccola all’universo intero, non dipende da noi, non lo
abbiamo scelto noi, che esiste prima di noi, ed ha le sue leggi, che noi
possiamo pian piano scoprire ma non inventare?
Anche noi stessi, anche ciò che è l’uomo, non è un’invenzione dell’uomo. La
realtà non è Caos, ma riflette un senso, un ordine, un’armonia, una Sapienza
(Logos) che non è nostra. Questa fondamentale evidenza si chiarisce meglio,
nella Bibbia, con il termine “creazione”. Anche l’uomo, la natura umana, è un
“dato”, è creata da Dio. Anzi, qui si manifesta il culmine stesso della
creazione2.
3) La pretesa dell’autocreazione (legge morale e peccato)
La ragione e la libertà ci sono allora dati affinché, a differenza di ogni altro
animale, in noi il significato vero delle cose e della vita sia conosciuto e
voluto, così che la nostra realizzazione - nel tempo e per l’eternità - comporti
non solo il dono di Dio, ma anche il “merito” della nostra adesione libera alla
Sua sapienza ed al Suo amore. Fare invece della libertà l’occasione per
inventare noi il senso delle cose, significa pervertire il senso vero delle cose
e della vita. Il risultato però è la rovina di noi stessi (e perfino della
natura). Come indica già il “peccato originale”, ma in fondo anche ogni nostro
peccato personale, questa pretesa significa in fondo non riconoscere più che
siamo creati e credere assurdamente di essere noi il creatore (Dio). E questo
non può che farci sentire Dio come antagonista, come avversario3.
4) La legge di Dio e la natura umana (Dio rivela l’uomo all’uomo)
Quando Dio, già nell’Antico Testamento (v. Decalogo), offre all’uomo la “legge
morale”, cioè spiega cosa è bene e cosa è male, non aggiunge all’uomo qualcosa
dall’esterno, ma svela l’uomo all’uomo, rende più chiaro il senso autentico
della vita e di tutte le cose4. Si disvela cioè la verità di
noi stessi.
Se si comprende questo, allora si capisce che la legge di Dio non diminuisce
assolutamente la libertà dell’uomo, ma anzi è la condizione perché essa sia
autentica, cioè perché non diventi occasione di distruzione ma di costruzione di
noi stessi. Il peccato invece, che si oppone a questa legge, sciupa il senso
vero delle cose e determina pian piano lo svuotamento, la distruzione dell’uomo.
5) Il bisogno di salvezza e la presenza del Salvatore (Cristo Redentore
dell’uomo)
Il peccato, la pretesa cioé di cambiare il senso delle cose, non rende affatto
l’uomo più uomo, ma meno uomo. Al di là delle possibili illusioni iniziali,
l’esito di questa pretesa è l’impoverimento e lo svuotamento dell’uomo5.
Nasce così la divisione tra noi e Dio, ma anche tra le persone più vicine, e
perfino una spaccatura interna alla nostra stessa coscienza6 .
Il ripetersi poi di questa esperienza non ci rende affatto più forti, ma più
deboli, talora perfino schiavi del peccato, così che anche se vediamo il bene da
compiere, non abbiamo la forza per farlo7. Emerge così
un’altra evidenza, se siamo sinceri con noi stessi: nonostante la nostra
volontà, pur necessaria, non possiamo liberarci dal male con le nostre sole
forze. Abbiamo cioè bisogno di un medico che ci guarisca, cioè di un “salvatore”8.
E’ come se avessimo fatto un danno (rompendo la comunione con Dio), ma non
fossimo più in grado di ripararlo. In Cristo, Dio-fatto-uomo, si manifesta in
pienezza non solo chi è Dio, ma anche chi è l’uomo9. Cristo
prende su di Sé la nostra natura umana e la riconduce nella pienezza della sua
verità e dignità. In Lui si è manifestata tutta la potenza della misericordia di
Dio10. Egli offre Se stesso sulla Croce, in riparazione dei
peccati del mondo intero. Per questo Cristo è il Redentore dell’uomo.
6) La “grazia” (dono e responsabilità)
Possiamo dire allora che in Cristo avviene la “ri-creazione” dell’uomo, anzi
l’uomo acquista una dignità ancora superiore, diventando partecipe della natura
divina. In Cristo, mentre ci si rivela pienamente la verità di noi stessi (e
quindi anche la pienezza della legge morale, che è l’amore), ci viene data anche
la forza, la “grazia”, addirittura il dono dello Spirito Santo, affinché,
unitamente allo sforzo della nostra volontà, diventiamo “creature nuove”11.
7) L’esito eterno (il tempo e l’eterno)
L’uomo è creato per l’infinito, per l’eternità, per Dio. Il susseguirsi delle
nostre scelte morali, nel bene o nel male, fa sì che il divenire della nostra
vita nel tempo sia una progressiva crescita o svuotamento del nostro essere.
Questo cammino nel tempo, quando sfocerà nell’eternità, ci fisserà per sempre
nel livello raggiunto12. Per questo tutte le nostre scelte
morali hanno conseguenze eterne. Il paradiso è la pienezza della vita di Dio in
noi, e quindi della verità di noi stessi. L’inferno non è che un eterna
“mancanza” di ciò che in fondo il nostro essere desidera, perché siamo fatti per
Dio.
1 “Conoscerete la
verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32)
2“ Dio
creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li
creò” (Gen 1,27).
3“ Il
serpente disse: <Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste
(dell’albero della conoscenza del bene e del male), si aprirebbero i vostri
occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male” (Gen 3,4-5).
4 “Questo
comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te
[...] Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo
cuore, perché tu la metta in pratica” (Dt 30,11.14).
5 Cfr.
Gen 3.
6 Non a
caso <diavolo> significa “colui che divide”.
7 Cfr. Rm
7,14-25 (v. anche tutta la prima parte di Rm).
8 Cfr. Mc
2,17.
9 “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza” (Gv 10,10); “Io sono la via, la verità, la vita” (Gv 14,6)
10 “Dio ha
rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!” (Rm 11,32;
cfr. Gal 2,15-21).
11
“Se uno è in Cristo è una creatura nuova” (2Cor 5,17).
12 “Non
accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri
scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né
ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dove è il
tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,19-21).