Il significato dello studio

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Lo studio come dono di Dio, cooperazione con Lui e nostro dovere.

Ascoltiamo ora la Parola di Dio, che ci rivela la verità piena di noi stessi ed il significato pieno anche del nostro studio.
La prima lettura ci riporta all’inizio della creazione, quando Dio crea l’uomo a sua immagine e lo rende “signore” del cosmo, cioè capace di conoscere le cose, chiamandolo a cooperare alla Sua opera creatrice. In fondo, anche studiando medicina, contempliamo la sapienza di Dio inscritta nel corpo umano e contribuiamo al benessere della vita umana.

Dal libro della Genesi (Gen 1,26-29.31).
“Dio disse: <Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra>. Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: <Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra>... Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”.

Preghiamo insieme:
Signore, tu ci hai dato l’intelligenza per poter studiare quella complessità e quell’ordine che sono inscritti nel corpo umano, così da poter anche imparare a curare gli ammalati. Tu mi hai donato anche una famiglia che mi permette di compiere quest’opera. Fa che, contemplando la tua sapienza inscritta nella creazione, possa svolgere con piena dedizione il compito che fin d’ora ci affidi. Per Cristo nostro Signore. Amen

Gesù ci invita a non restare oziosi, ma a far fruttificare i doni che Lui ci ha dato. Egli si riferisce soprattutto ai doni soprannaturali, quali la fede e la sua grazia, che ci permettono di percorrere tutti il cammino della santità. Possiamo però pensare al dovere di mettere a frutto anche i doni naturali - quali ad esempio l’intelligenza ed il denaro - che ci permettono di studiare. Ascoltiamo allora la nota parabola dei talenti, dal Vangelo secondo Matteo (Mt 25,14-30).


Il cristiano sa che tutta la vita deve essere protesa verso la piena comunione con Dio che si attuerà nel paradiso; ma questo non distoglie affatto dagli impegni del presente, ma anzi aumenta il senso delle nostre responsabilità, anche di lavoro e di studio, e la forza per attuarle. Così infatti S.Paolo risponde a coloro che, col pretesto del creduto imminente ritorno di Cristo, vivevano oziosi.

Dalla seconda lettera di S.Paolo apostolo ai Tessalonicesi (2 Ts 3,6-12):
“Vi ordiniamo, fratelli, nel nome del Signore Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi. Sapete infatti come dovete imitarci: poiché noi non abbiamo vissuto oziosamente tra voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darvi noi stessi come esempio da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo però che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace”.

Preghiamo insieme:
Signore, molte volte è forte la tentazione della pigrizia, la tentazione di vivere la vita come continuo divertimento e quella di rifiutare ogni sforzo. Soccorrici con la tua grazia, affinché sappiamo vivere con onestà i nostri doveri ed impegni umani e cristiani. Per Cristo nostro Signore. Amen




Il significato della fatica

La presunzione dell’uomo di poter fare a meno di Dio, di voler essere autonomo da Lui, ha rovinato fin dall’inizio la creazione e la vita umana. E’ l’esperienza del peccato originale, che si riflette anche nel nostro peccato. Il male, la sofferenza e la morte sono così entrati nella storia. Anche il lavoro, come lo studio, ha perso la sua bellezza e la sua dignità originarie e viene segnato dalla fatica. Ascoltiamo questo avvenimento primordiale ancora dal primo libro della Bibbia.

Dal libro della Genesi (Gen 3,17-19):
“(Dio disse all’uomo) <Poiché hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: Polvere tu sei e in polvere tornerai!”

In Cristo, tutta la vita dell’uomo è però rinnovata. Nella Sua Croce, anche ogni nostro dolore e fatica vengono assunti e redenti. Così anche l’offerta della fatica dello studio, unita al sacrificio di Cristo, diventano occasione di salvezza, per noi e per gli altri.

Dalla lettera di S.Paolo Apostolo ai Colossesi (Col 1,24):
“Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa”.

Preghiamo insieme:
Signore, quando siamo stanchi e ci sembra di non farcela più, quando incontriamo difficoltà che sembrano troppo ardue, soccorrici con il tuo aiuto; ed il tuo Santo Spirito, illuminando le nostre menti e rafforzando le nostre volontà, ci renda capaci non solo di compiere i nostri doveri, ma di sapere unire le nostre piccole croci al sacrificio della Croce del tuo Figlio Gesù, che vive e regna nei secoli dei secoli.

Lo studio non deve diventare un assoluto

Il lavoro (e lo studio) non devono però diventare un assoluto. Ecco perché già nel Decalogo Dio comanda di avere solo Lui per assoluto (1° comandamento) e di fermarsi per riposarsi, per ringraziarLo, per lodarLo e per riprendere il senso del nostro vivere, santificando il primo giorno della settimana (il 3° comandamento parla del 7° giorno, il sabato; dopo Cristo il giorno “santo” è il giorno della resurrezione di Gesù, la Pasqua settimanale, quello che era il giorno del sole e che poi è stata da molti popoli cristiani chiamato significativamente domenica, cioè il “giorno del Signore”).

Dal libro dell’Esodo (Es 20.8-10):
“Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro”.

Il significato della nostra vita non può essere l’opera delle nostre mani; essa diventerebbe un idolo, che poi ci deluderebbe.

Dal libro del profeta Michea (Mi 5,9-12):
“In quel giorno - dice il Signore - distruggerò i tuoi cavalli in mezzo a te e manderò in rovina i tuoi carri; distruggerò le città della tua terra e demolirò tutte le tue fortezze. Ti strapperò di mano i sortilegi e non avrai più indovini. Distruggerò in mezzo a te le tue sculture e le tue stele, né più ti prostrerai davanti ad un’opera delle tue mani”.

Preghiamo allora con il Salmo 127, che ci invita a porre Dio come centro della vita ed a costruire ogni cosa, se vogliamo farla bene, con Lui:
Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode.
Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo.
Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza.
Beato l’uomo che ne ha piena la faretra:
non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici.

Gesù, rendendoci “figli” di un Dio che è Padre e ci ama, ci libera da ogni paura, se ci fidiamo di Lui e lo seguiamo.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 6,24-34):
“(Gesù disse) Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e al denaro (mammona). Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena”.



L’offerta a Dio dello studio

Nella S.Messa, all’offertorio, mentre portiamo all’altare i doni, il pane e il vino che diventeranno Cristo stesso, viene detto che offriamo “il frutto della terra e del lavoro dell’uomo”: ricordiamoci allora che possiamo portare all’altare anche il nostro studio e ogni nostro lavoro e fatica. Lo Spirito Santo può trasformare tutto questo in “offerta gradita a Dio” ed unire il nostro sacrificio al sacrificio di Cristo.
Dice S.Paolo (ma è parola di Dio) alla comunità di Colossi:
“Tutto ciò che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di Lui grazie a Dio nostro Padre” (Col 3,17)

Ogni nostra giornata può aprirsi con questa preghiera. Anch’essa ci richiama al senso vero del nostro vivere; ed anche del nostro studio.
Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte. Ti offro le azioni della giornata: fa che siano tutte secondo la tua santa volontà e per la maggior tua gloria. Preservami dal peccato e da ogni male. La tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen.

Noi siamo l’Università del S.Cuore. Questo nome, il Cuore di Gesù, è il segno dell’amore di Dio per noi. C’è una preghiera che ci aiuta ad offrire ogni nostra attività in unione al sacrificio di Gesù sulla Croce, che si ripresenta ogni volta nella S.Messa.
Cuore divino di Gesù, io ti offro, per mezzo del Cuore immacolato di Maria, Madre della Chiesa, in unione al sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati e per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del Divin Padre.

Prima di qualsiasi attività possiamo dire questa preghiera:
Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra attività abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento.
 

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L'ultima modifica è avvenuta il: 22 dicembre 2003